DSpace Collezione: DISPeS
https://hdl.handle.net/10955/107
DISPeS2024-02-28T20:28:51ZLa interculturalidad en el pensamento latinoamericano y la creacion de los gobiernos comunales: el caso de la comunidad indigena de Cheran
https://hdl.handle.net/10955/1757
Titolo: La interculturalidad en el pensamento latinoamericano y la creacion de los gobiernos comunales: el caso de la comunidad indigena de Cheran
Autori: Sanchez Chavez, Eduardo
Abstract: Affrontare il problema della filosofia interculturale nel pensiero latinoamericano serve come punto di appoggio per analizzare una difficoltà presentatasi fin dalla sua nascita, e si tratta della difficile convivenza tra culture e popoli diversi nel continente, poiché la stessa costituzione del pensiero latinoamericano manifesta un legame strutturale con la questione interculturale. I contributi e le riflessioni che l’interculturalità, e in particolare la filosofia interculturale, possono fornire per rispondere concretamente a questo problema, sono per condurre una serie di analisi sui principi e le condizioni in cui questa convivenza si realizza concretamente. Allo stesso tempo, l’analisi dei principali limiti e sfide della filosofia interculturale nell’attuale pensiero latinoamericano, ci consente di affrontare questioni come l’autonomia e la formazione dei Governi Comunali dei Popoli e delle Culture Originarie basate sulla loro saggezza, le loro conoscenze ed esperienze, molte di queste ancestrali. La sfida interculturale è proposta alla filosofia latinoamericana dalle sue origini, cioè non è un’istanza esterna ad essa, ma uno dei suoi ultimi risultati, ed è per questo motivo che è urgente cercare di assumerla, salvarla e promuoverla.
Per svolgere questo compito, non possiamo ignorare il problematico contesto globale che non solo influenza e condiziona la convivenza e le relazioni tra i popoli e le culture, ma
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aggredisce e distrugge le loro vite. L’imposizione di un sistema economico-politico e sociale neoliberale, la creazione di stati-nazione che omogeneizzano e distruggono la diversità culturale del territorio, la condizione storica di continuare ad essere condannati a subire le conseguenze del colonialismo senza fine sono alcuni dei problemi che ci siamo proposti di analizzare e criticare in modo generale per proporre, da altri contesti culturali non-occidentali, pratiche politiche, economiche e sociali che privilegino la vita di tutti gli esseri umani e che proteggano la natura, giacché questa non rappresenta solo la conditio sine qua non per la vita di tutte le culture ed i popoli del mondo, ma rappresenta anche simbolicamente, per molte culture non-occidentali, la madre di tutti noi.
Gli strumenti di analisi e contributi filosofici di Raúl Fornet-Betancourt, Luis Villoro e Enrique Dussel, sono utili per capire la critica della filosofia interculturale latinoamericana che si è dedicata ad escludere e dare valore ai pensieri, le idee e le visioni del mondo dei Popoli e le Culture Originari del continente, contributi che possono aiutare nella creazione di relazioni e pratiche giuste, solidali e umanizzanti. La sfida lanciata dalla filosofia interculturale è stata accettata da questi autori, che mettono in discussione radicalmente la concezione attuale della filosofia della cultura e richiedono la stessa riconfigurazione della ricerca filosofica. L’accettazione della sfida interculturale richiede, fra le altre cose, affrontare queste premesse: distruggere il mito della modernità occidentalo-centrica, riscrivere la storia moderna con la partecipazione ed i diversi approcci storici di tutte le culture e popoli del mondo ed eliminare tutte le idee e le pratiche di discriminazioni, alienazione e dominazione che cercano di distruggere la participazione in un dialogo pacifico, giusto e dignitoso tra culture e popoli per contribuire a una riconfigurazione del nostro modo di pensare e riconoscere “l’altro”, non più come un “altro”, ma come parte di noi stessi.
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Il lavoro si sviluppa partendo da un contesto concreto, com’è del resto la realtà latinoamericana e più specificamente dalla realtà messicana, che presenta una diversità culturale che è stata ignorata, violata e, in alcuni casi, quasi distrutta dai centri del potere politico, economico, sociale, scientifico e filosofico. Abbiamo avuto il bisogno di iniziare la nostra analisi affrontando il problema dell’identità, dell’originalità e dell’autenticità del pensiero latinoamericano, prima di affrontare il tema del pensiero dei popoli e delle culture originali, che non risponde a un pregiudizio, ma perché questo non viene alla luce fino a quando il pensiero latinoamericano non viene interrogato sulla sua autenticità e originalità da parte dell’Europa, e per questo che si pone la preoccupazione di cercare le fonti o le radici del pensiero latinoamericano.
In questa ricerca di approfondimento sulle fonti del pensiero latinoamericano, che ci fa trovare faccia a faccia con la saggezza e il pensiero dei Popoli e le Culture Originali, che erano sempre state lì, incontrandosi e, nello stesso tempo, scontrandosi, con il pensiero latinoamericano. L’analisi degli incontri e disaccordi di questi due pensieri, ci permette di evidenziare l’importanza del “contesto” nell’origine delle idee, pensieri, epistemologie e cosmovisioni di popoli e delle culture, non solo dall’America Latina, ma dal mondo. Il contesto particolare, autentico e originale dell’America Latina è un fattore determinante nella creazione di qualsiasi conoscenza, pensiero o idea che il pensiero latinoamericano intenda universalizzare, poiché se il contesto viene a mancare, tutto rimarrà in una semplice illusione.
Nell’analisi del contesto multiculturale messicano, affronteremo la questione della coesistenza e della relazione che detiene la comunità indigena di Cheran con il governo messicano, allo stesso modo analizzeremo come le loro idee, i pensieri, la saggezza e la visione del mondo determinano le loro pratiche ed i loro principi di buon governo. Lo Stato messicano
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era costituito come un’entità omogenea, che in teorie diceva di rispettare la sua ricchezza culturale dando una certa autonomia alle culture e ai popoli che abitano il territorio, ma in pratica cercava di imporre un’unica idea di cultura come base ed essenza della loro identità. I popoli e le culture come Cherán hanno sempre richiesto, come giusto che sia, non solo un riconoscimento concreto e reale nella vita nazionale, ma anche la loro partecipazione al processo decisionale in un progetto di nazione multiculturale. Le richieste di queste culture e popoli non sono motivate ad ottenere potere politico, ma sono motivate dalla loro idea di “fare comunità”, come l’hanno sempre immaginata, e che riconfigura il senso umano della pratica politica e il loro sviluppo e concrezione nella formazione di un Stato plurale.
L’esperienza di vita, e in particolare l’esperienza politica della Comunità P’urhépecha di San Francisco Cherán, che privilegia la vita comunitaria di tutti i suoi membri, è un esempio diretto della possibilità di elaborare una forma di coesistenza fondata sullo stesso valore autentico e originale della comunità umana. Le comunità indigene come la Comunità di Cherán chiedono il loro legittimo diritto all’autodeterminazione, alla giustizia culturale e alla partecipazione alla vita politica e democratica dello Stato. È necessario dire che molte comunità indigene dell’America Latina non cercano di chiudersi al mondo, ma cercano di vivere liberamente e con dignità senza subire alcuna pratica di imposizione, dominio e discriminazione. Il modo di affrontare la vita, come lo esprime la Comunità di Cherán, appoggiata sulla idea-guida di “fare comunità”, non rappresenta una posizione teorica, bensì un’esperienza di vita che viene creata e ricreata nella stessa vita quotidiana, e allo stesso tempo critica e dirige nuove relazioni umane basate sui principi e valori che sono prodotti in un processo orizzontale di insegnamento-apprendimento dialogico. La Comunità di Cherán non cerca di essere un esempio da seguire come dice uno dei suoi portavoce, ma cerca di ispirare l’umanità a prevenire le
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pratiche che minacciano la vita umana e la natura. Ecco perché crediamo che nel contesto attuale sia importante fare un’analisi approfondita delle pratiche e delle esperienze politiche della Comunità di San Francisco Cherán, infatti dopo sette anni di esperienza autonomistica, i risultati sono molto significativi e rappresentativi per la vita, non solo della Comunità, ma dell’intera regione. Le condizioni nuove e le opportunità per queste popolazioni e per queste culture si stanno offrendo loro grazie all’instancabile lotta di altri indigeni che avevano una visione, quasi sciamanica: sembra che stia arrivando il tempo della riscossa e dell’effettiva partecipazione politica per le comunità indigene in America Latina.
Descrizione: Dottorato di ricerca in Politica, cultura e sviluppo, XXIX ciclo2018-01-01T00:00:00ZFederalismo tra ricentralizzazione e indipendenza in tempo di crisi: un'analisi comparativa: il caso catalano e il caso veneto
https://hdl.handle.net/10955/1756
Titolo: Federalismo tra ricentralizzazione e indipendenza in tempo di crisi: un'analisi comparativa: il caso catalano e il caso veneto
Autori: Ammirato, Marialaura
Abstract: Questa tesi presenta i risultati di una di ricerca comparativa che ha come oggetto di studio i processi di federalizzazione nello stato unitario, focalizzando sia gli aspetti di crescente autonomia che quelli di indipendentismo separatista in un contesto di capitalismo d’Occidente.
Sono stati presi in considerazione due sistemi regionali, in due stati diversi: la Cataluña in Spagna e il Veneto in Italia.
Questa tesi di dottorato nasce all’interno di una ricerca PRIN che ha analizzato i processi di federalizzazione e le nuove forme di centralizzazione dei poteri dello Stato in Italia.
Questo lavoro, pur essendo nato all’interno di un progetto nazionale ha cercato di studiare in chiave comparativa le trasformazioni istituzionali al fine di cogliere aspetti comuni e specificità sia in riferimento agli stati nazionali considerati che ai due casi regionali.
L’obiettivo è stato quello di cercare di individuare il senso della crescente volontà indipendentistica/ autonomistica da parte dei territori.
Altro aspetto centrale dell’indagine è stato quello di studiare le spinte a favore di una ricentralizzazione dei poteri e delle competenze da parte dei Governi centrali.
La grave crisi economica mondiale e la particolare situazione di fragilità in cui si trova l’Europa in questi ultimi anni costituiscono il contesto dove si sono sviluppate le fenomenologie istituzionali oggetto di studio di questa tesi.
In particolare, abbiamo cercato di individuare quali meccanismi sociali, economici e politico-istituzionali, hanno portato ad aumentare la domanda secessionistica.
La ricerca è iniziata in un momento nel quale iniziavano a manifestarsi gli effetti della gestione della crisi da parte delle élites di governo sulla struttura territoriale degli Stati composti, vale a dire Stati nei quali si sono verificati processi di federalizzazione, e si è conclusa durante il periodo di maggior sviluppo delle rivendicazioni indipendentistiche/ autonomistiche culminate con la celebrazione di un referendum per l’indipendenza in Cataluña e di un referendum per l’autonomia in Veneto i cui effetti sono ancora in itinere.
L’obiettivo di questo lavoro è, dunque, quello di analizzare, nei due territori di riferimento, le modalità di gestione della crisi da parte delle élite politiche ed economiche.
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Queste ultime sono ritenute responsabili, secondo la nostra ipotesi, della contrapposizione tra nuove forme di centralità dello stato e dei processi di rivendicazione “autonomico-soberanista” in Cataluña e in Veneto.
L’ipotesi di questo lavoro è che vi sia stata una contrapposizione tra le élites di governo nazionale e le élites territoriali.
Le prime hanno gestito la crisi economico-finanziaria del 2008 con l’applicazione di politiche di austerity che hanno permesso loro di riaccentrare poteri e funzioni prima delegate ai territori.
Le seconde, hanno reagito alla ricentralizzazione, chiedendo un’autonomia finanziaria e politica e minacciando l’indizione di un referendum sull’indipendenza.
La componente identitaria dei territori (Veneto e Cataluña), come vedremo, viene trasformata in un mero “contenitore” di rivendicazioni di natura economica e politica.
La crisi, dunque, secondo il nostro lavoro ha reso più simili l’Italia e la Spagna, pur nella profonda differenza nei due contesti, perché ha fatto vivere in entrambi i due paesi una profonda tensione tra centralizzazione e indipendenza.
2. Il progetto di ricerca
La dialettica tra centralismo e indipendenza è stata studiata in Spagna e in Italia e in Cataluña e Veneto.
L’individuazione di questi due casi di studio, nazionali e territoriali, è avvenuta sulla base della conformazione degli Stati e delle forme di federalizzazione e di regionalizzazione che avevano da lungo da tempo.1
Questa dialettica che è stata oggetto della nostra indagine, ha subito un processo di radicalizzazione in seguito alla crisi economica in quanto le misure anticrisi, previste a livello europeo e nazionale, essendo volte a ridurre i costi e a contenere le spese, hanno dato vita ad un processo di ricentralizzazione delle decisioni e della spesa e ad una conseguente compressione dell’autonomia territoriale.2017-01-01T00:00:00ZCooperazione intercomunale e riordino territoriale: possibili fattori esplicativi della distribuzione delle unioni di comuni
https://hdl.handle.net/10955/1755
Titolo: Cooperazione intercomunale e riordino territoriale: possibili fattori esplicativi della distribuzione delle unioni di comuni
Autori: Marotta, Mariano
Abstract: L’Italia è caratterizzata dalla presenza di numerosi comuni di piccole e piccolissime
dimensioni demografiche. La letteratura in materia è ormai concorde nell’affermare che
tali comuni non sono in grado di garantire il raggiungimento delle c.d. economie di
scala, andando incontro a conseguenti problemi gestionali e/o a una scarsa
(qualitativamente e quantitativamente) erogazione dei servizi e delle funzioni nei
confronti della cittadinanza di riferimento.
Avverso questa situazione, il legislatore nazionale ha intrapreso – dagli anni Novanta –
una serie di strategie tendenti a ridurre il numero dei comuni di piccole dimensioni
mediante il loro accorpamento.
Se la best strategy è rappresentata dalla fusione, le resistenze registrate a livello locale
avverso tale processo hanno portato i governi italiani succedutisi nel tempo a puntare
sulle forme della cooperazione intercomunale. Tra queste, assume particolare rilievo
l’unione di comuni, sulla quale – allo stato attuale – si concentra la strategia di
deframmentazione comunale in atto in Italia.
L’analisi dei dati appositamente raccolti per questa ricerca, ha mostrato che se in alcune
regioni le unioni sono uno strumento particolarmente utilizzato, in altre – al contrario –
esse stentano a far presa. Tale condizione rischia di minare l’intento del legislatore
nazionale per il quale, ovviamente, la deframmentazione comunale è un obiettivo da
raggiungere su tutto il territorio italiano.
Per queste ragioni, obiettivo della ricerca proposta è la verifica dei possibili fattori in
grado di spiegare la costituzione e/o la mancata costituzione di unioni e, inoltre,
l’adesione e/o la mancata adesione dei comuni alle stesse.
La letteratura in materia e una expert survey appositamente somministrata a esperti,
hanno permesso di isolare tre fattori maggiormente significativi: la legislazione
nazionale, la legislazione regionale e la propensione degli attori locali verso tale forma
di cooperazione.
Attraverso un metodo comparato e, più nello specifico, facendo ricorso alla tecnica della
Qualitative Comparative Analysis, si è giunti alla conclusione che il fattore esplicativo
maggiormente significativo, perché strettamente correlato alla percentuale di adesione
dei comuni alle unioni, è quello legato alla propensione degli amministratori locali.
I risultati ai quali si è giunti e la complessiva analisi effettuata possono restituire utili
spunti, anche in ottica prescrittiva, alla strategia di riduzione dei piccoli comuni e di
contestuale incentivazione delle forme associative tra comuni.
Descrizione: dottorato di ricerca in Politica, cultura e sviluppo, XXIX ciclo2017-01-01T00:00:00ZAppartenenza ad un particolare gruppo sociale ai sensi della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato: studio comparato sugli sviluppi giurisprudenziali
https://hdl.handle.net/10955/1749
Titolo: Appartenenza ad un particolare gruppo sociale ai sensi della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato: studio comparato sugli sviluppi giurisprudenziali
Autori: Gigliotti, Valentina
Abstract: L'analisi sviluppata nella tesi dottorale ha a oggetto lo studio del concetto di particolare gruppo sociale (di seguito PGS) ai sensi della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato del 1951 (d'ora in poi CG); la nascita e l'evoluzione nella giurisprudenza dei due approcci determinanti, delle caratteristiche protette e della percezione sociale; la loro convergenza verso un più inclusivo approccio, delle caratteristiche comuni e della percezione sociale e, infine, l'applicazione degli stessi a fattispecie concrete.
Partendo dalla definizione di rifugiato contenuta nell'articolo 1A (2) della CG e dai cinque motivi indicati al suo interno, (razza, religione, nazionalità, opinioni politiche e appartenenza a un PGS), il cui nesso di causa con la persecuzione subita o temuta dal richiedente può determinare, in assenza di protezione effettiva da parte delle autorità statali, il riconoscimento dello status di rifugiato, il lavoro di tesi si concentra sul motivo che più di tutti si presta a un'interpretazione evolutiva, aperta e condizionata dai mutamenti dei tempi e dei contesti, vale a dire l'appartenenza a un PGS.
Lo studio analizza l'interpretazione che del concetto di PGS compie lo United Nations High Commissione for Refugees (d'ora in avanti UNHCR) all'interno delle sue Linee guida e la differenza tra la definizione resa dall'UNHCR, che mira a un'applicazione alternativa dei due approcci dominanti, e quella contenuta all'interno della Direttiva Qualifiche dell'Unione europea, che vincola, salvo l'applicazione di misure più favorevoli, gli Stati membri alla soddisfazione congiunta di entrambi gli approcci.
Il lavoro di tesi analizza l'approccio delle caratteristiche protette e della percezione sociale, vagliando gli elementi essenziali necessari affinché un gruppo di persone possa essere considerato un PGS ai sensi della CG.
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Osserva, attraverso il sostegno delle norme di diritto internazionale, dell'Unione europea e nazionali, delle Linee guida dell'UNHCR e della giurisprudenza delle principali corti nazionali e della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (d'ora in avanti CGUE), se la scelta di un approccio piuttosto che dell'altro possa comportare una garanzia più o meno ampia di riconoscimento della protezione internazionale o, diversamente, determinare il rigetto dell'istanza di protezione presentata da un richiedente asilo.
Evidenzia che l'approccio delle caratteristiche protette, in cui a rilevare è la presenza di una caratteristica innata, immutabile o fondamentale per la dignità di chi la possiede, ha, nel corso degli anni, favorito il riconoscimento della protezione alle vittime di gravi violazioni di diritti umani e che la sua adozione permette il riconoscimento della protezione a componenti di gruppi non composti da membri affiliati gli uni agli altri, ma accomunati da una caratteristica tale da non consentire a colui che la possiede di rinunciarvi.
Rileva altresì che secondo l’approccio della percezione sociale, invece, la caratteristica che accomuna i membri del gruppo, non solo deve essere condivisa, ma deve, al contempo, rendere il gruppo riconoscibile dall’esterno e che mediante il suo utilizzo, alcuni gruppi, socialmente percepiti come tali, ma i cui membri non sono accomunati da una caratteristica protetta, riuscirebbero, previa soddisfazione degli altri elementi contenuti nell’articolo 1A (2) della CG, a ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato.
Al termine di detta analisi giunge alla conclusione che, sebbene l'adozione di un approccio, piuttosto che di un altro, porti generalmente alla medesima decisione, a volte la scelta operata, è determinante, e può condurre ad un riconoscimento o, viceversa, ad un rigetto dell'istanza di protezione internazionale presentata dal richiedente e conseguentemente ad una contrazione dei diritti dei richiedenti asilo.
In conclusione analizza alcuni casi studio, frutto del lavoro svolto sul campo nel corso degli anni di dottorato, a corroborazione delle tesi che si sono volute dimostrare nell’analisi condotta ed evidenzia che l'utilizzo in maniera alternativa dell'uno o dell'altro approccio, a seconda della fattispecie concreta, rappresenta la scelta che, più di tutte, tutela coloro che necessitano di protezione internazionale ed anche che l'approccio cumulativo dovrebbe essere abbandonato in favore di una totale applicazione di quello alternativo.
Descrizione: Dottorato di ricerca in Politica, cultura e sviluppo, XXIX ciclo2019-01-01T00:00:00Z